giovedì 27 novembre 2014

Gnocchi di pane e zucca red kuri e reminiscenze di Villa Ghigi

Ho ritrovato questo post scritto qualche mese fa e mai pubblicato. Le foto sono fatte con il telefono perché non trovavo il caricatore della macchina fotografica.

Avevo ancora mezza zucca della varietà red kuri presa al Labas due settimane fa, quella volta che ho comprato troppa verdura e pure delle rape nere che sono piccantissime e le ho fatte al forno con il rosmarino come se fossero delle patate ma non mi sono piaciute poi tanto. 
Che poi penso che dovrebbero sconsigliare di fare la spesa dopo aver bevuto del vino, che poi finisce che uno compra le rape nere e una verza gigante e tantissime altre cose e poi passa tutta la settimana a cucinare e a congelare. 
La zucca per fortuna non andava a male e l'ho tenuta per ultima. Con una metà ci ho fatto una teglia di lasagne e funghi che ho fatto mangiare, con un atteggiamento tra il materno e il minaccioso, a un mio amico che dopo un po' lui mi ha parlato delle oche che vengono ingozzate. Gliel'ho fatta mangiare prima di una camminata fuori porta San Mamolo a Villa Ghigi.


Che poi io penso sempre che sia porta San Mammolo con due emme, come quello dei sette nani che non mi ricordo se era quello timido o quello che starnutiva sempre. Che a dirla tutta Villa  Ghigi non è lontana, ma con quelle lasagne appena mangiate ci siamo dovuti fermare già in Piazza Maggiore per bere il caffè. Villa Gighi la conosco da pochi mesi, ma è diventato uno di quei posti proprio speciali per me perché mi vengono in mente momenti bellissimi vissuti lì. E poi, una volta arrivati ci siamo messi a leggere la Rosi Braidotti e dei Brendon vicino a una famiglia argentina che beveva il mate. 
Della zucca ho tenuto i semi e li ho fatto seccare su un foglio di carta da cucina, che è come un rotolo di carta igienica gigante, e poi nei momenti più duri a Via del Borgo la carta igienica e la carta di cucina sono la stessa cosa. I semi secchi poi bisogna metterli in una vecchia busta con scritto data, varietà e forse qualche aneddoto e poi li do al mio papà che spero proprio che me li coltivi perché quella zucca era veramente buona. Con l'altra metà ci ho fatto degli gnocchi, veloci veloci, che poi ho mangiato questa sera con Saruzzi a cena che è venuta a trovarmi che dovevamo studiare fino a tardi. 

Gnocchi di pane e zucca

Ingredienti
zucca (la mia era red kuri, ma va bene qualsiasi varietà)
pan grattato
1 uovo
2 cucchiai di farina
grana o parmigiano
rosmarino
sale
noce moscata

Procedimento

La zucca l'ho cotta in forno la sera prima, a 180° per una ventina di minuti, fino a quando si trapassava facilmente con una forchetta. L'ho messa su una teglia tagliata a pezzi, togliendo i semi, ma non la buccia che una volta che la zucca e cotta si toglie più facilmente. Ho passato la zucca nello schiaccia patate e ho aggiunto tutti gli ingredienti a occhio, fino a quando la consistenza mi permetteva di farne delle palline. Cotti in acqua bollente fino a quando vengono a galla e ripassati in padella con un po' di pancetta e acqua di cottura che la pancetta ce l'ho messa perché dei miei amici mi hanno fatto venire la paura che la zucca stucca. 

mercoledì 26 novembre 2014

Budino di cachi con marmellata di fagioli azuki

Che quando ho detto a P. che avevo preparato un budino di cachi con una crema dolce di fagioli azuki giapponesi e gli ho chiesto se ne voleva un po' mi ha guardato con gli occhi sgranati e mi ha chiesto perché mai ti è venuto in mente di fare un dolce simile. Ha avuto la stessa reazione del mio babbo quando anni fa preparai una marmellata di fagioli cannellini e allora io per anni l'ho accusato di essere una persona convenzionale e anche un po' reazionaria, che poi sono sicura che al mio babbo almeno il budino di cachi sarebbe piaciuto. Mi è venuto in mente di fare il budino di cachi perché tempo fa ho letto la ricetta dal blog di Elenuzzi che aveva fatto dei bellissimi cuori di pera e cioccolato e allora io pensato che potevo farli con i cachi invece che con le pere e visto che non avevo il cioccolato fondente mi sono ricordata dell'Anko che avevo in congelatore. L'Anko è una sorta di marmellata giapponese fatta con i fagioli azuki, che poi non è poi una idea così strana fare una marmellata di fagioli, hanno un po' la consistenza delle castagne e non bisogna sbucciarli e né andarli a cercare. 
La presentazione fa un po' impressione, ma ho fatto del mio meglio.



Budino di cachi con crema di fagioli azuki

Per il budino:

Ingredienti:
3 cachi maturi
20-30 grammi di agar agar (1/2 bustina)
2 cucchiai di zucchero

Procedimento:
Cuocere la polpa di cachi frullata per 5 minuti in una casseruola con lo zucchero e l'agar agar. Versare il composto nelle formine e far raffreddare. 


Per l'Anko:

Ingredienti
fagioli azuki
zucchero (stesso peso dei fagioli)

Procedimento
Mettere i fagioli a bagno per una notte.
Bollire fino a quando gli azuki si possono spappolare con una forchetta.
Ridurre in purea e cuocere in una casseruola con lo zucchero ed eventualmente un po' d'acqua per almeno 15 minuti, mescolando di tanto in tanto. 







giovedì 6 novembre 2014

Zuppa di gallina, latte di cocco, lemon grass e zenzero

Qualche anno fa, a Como, ho mangiato una meravigliosa zuppa di pollo e latte di cocco. Ho provato a riprodurla andando un po' ad intuito ma il risultato è stato poco soddisfacente. Mesi dopo ho ricercato il ristorante dove avevo mangiato questa delizia ma lo avevano chiuso. Il desiderio di riassaporare quella zuppa però non mi ha abbandonato e ho deciso di riprovare a cucinarla. Ho la fortuna di abitare a due minuti dall'Asian Mach di Via Mascarella, un meraviglioso negozio di alimentari asiatico. La bellezza di questo negozietto è che tra i suoi scaffali non si respira quell'aria fra il pretenzioso e il radical chic di molte boutique di prodotti alimentari etnici, ma ha un carattere molto popolare ed è relativamente economico. Ho comprato il latte di cocco, del lemon grass che sembra una bacchetta magica, il coriandolo fresco, la salsa di pesce e un pacco di funghi neri secchi. Per la zuppa servono tantissimi ingredienti, sembrano troppi, ma se ci si organizza bene non ci sono sprechi, io ho congelato gli avanzi di lemon grass e il coriandolo pulito e tritato così che sia sempre pronto da utilizzare e ho comprato le verdure sfuse contate. Nella ricetta ci andrebbe il pollo, ma ho trovato dei pezzi di gallina a pochissimo e ho deciso di usarli per fare il brodo e di utilizzare la carne spolpata da mettere nella zuppa. È un po' più dura rispetto al pollo, ma nella zuppa tagliata a pezzetti va benissimo.



Zuppa di gallina, latte di cocco, lemon grass e zenzero

Ingredienti
brodo di gallina (gallina, cipolla, sedano, carote,  aglio, sale)
gallina bollita (2 pezzetti, 1.80 euro di spesa)
3 peperoncini
4 friggitelli
una manciata di funghi neri secchi (ammollati per 30 minuti nell'acqua)
4 dl di latte di cocco
un bastoncino di lemon grass
un po' di coriandolo fresco (in foglie)
un pezzetto di zenzero fresco
il succo di un lime 
pasta di curry verde (ma va bene di qualsiasi colore e anche in polvere)
olio di sesamo
salsa di pesce

Procedimento
Fare il brodo di gallina, bruciacchiando sulla fiamma eventuali residui di piume. Mi sono chiesta come si fa questa operazione in Svizzera dove quasi nessuno ha i fornelli a gas. Io la cipolla l'ho tagliata a metà è bruciacchiata sulla padella rovente prima di metterla nell'acqua per il brodo.
Quando il brodo è pronto scaldare i peperoncini tagliati a rondelle in un po' di olio di sesamo. Aggiungere i friggitelli e i pezzetti di gallina bolliti e fare soffriggere un pochino. Poi aggiungere il brodo e cuocere per un po'. Aggiungere i funghi, la salsa di pesce, il latte di cocco, la pasta di curry, il lemon grass intero ma pestato, il succo di lime e un po' di zenzero tritato. Cuocere ancora qualche minuto e servire bollente. Io ci ho aggiunto anche 4 mazzancolle congelate che ho trovato nel fondo del congelatore e che risalgono al gazpacho al melone di questa estate.









giovedì 2 ottobre 2014

Polpettine di quinoa e lenticchie rosse con salsa di mela e curry

Questa ricetta l'ho più o meno inventata questa estate. Dopo un anno dal mio ritorno a Bologna, arrivata in Ticino per l'estate ho scoperto che i miei genitori hanno cambiato completamente il modo di gestire l'approvvigionamento alimentare. Nel senso che non c'era quasi più nulla di fresco da mangiare, neanche abbastanza cipolle per fare una zuppa, che il numero di cipolle sufficienti per una zuppa sono il mio metro di paragone, la mia unità di misura, la soglia sotto la quale la situazione diventa desolante. Spesso la mancanza di ingredienti aguzza l'ingegno e la creatività, ed essendoci legumi secchi e cereali in abbondanza, e avendo fatto propria la lezione di Elenuzzi convinta fautrice dell'abbinamento di questi due alimenti, ho pensato di fare delle polpettine di quinoa e di lenticchie rosse. 
Lenticchie rosse decorticare

Quinoa

Nelle polpette ci ho messo anche un po' di zenzero come nel film greco-turco Politiki Kouzina del regista Tassos Boulmetis sulle deportazioni di massa dei Greci della Turchia. Con due mele appassite e un vasetto di yogurth aperto ho deciso di fare la salsa di yogurth, mele e curry che mia mamma faceva per la chinoise. 

Polpettine di quinoa e lenticchie rosse con salsa di mela e curry

Ingredienti

Per le polpette
2 cipolle
olio evo
curry
curcuma
lenticchie rosse decorticate
quinoa 
1 uovo
prezzemolo
pan grattato
sale
zenzero 

Per la salsa

yogurt naturale
2 mele
curry
limone
sale 
pepe


Procedimento

Soffriggere le cipolle nell'olio con un po' di curry e curcuma fino a quando diventano trasparenti, se necessario aggiungere un po' di acqua. 

Versare nella stessa pentola le lenticchie rosse, tostarle leggermente e ricoprirle d'acqua. 


Cuocerle fino a quando si disfano e scolarle in un colino cercando di far perdere loro la maggior quantità di acqua.
Nel frattempo cuocere la quinoa. 
Mischiare la quinoa, alle lenticchie, aggiungere una cipolla tritata, prezzemolo, sale, uovo, pan grattato e un po' di zenzero fresco grattugiato. 


Formare delle palline e disporle in una teglia ricoperta di carta forno. Cuocere in forno preriscaldato a 200 g per una ventina di minuti.















Per la salsa, frullare o grattugiare le mele, aggiungere il succo del limone, il curry e lo yogurth. 












domenica 28 settembre 2014

Capuns grigionesi-emiliani

Capuns di Coira
La prima volta che li ho mangiati ero a Coira. L'amico che ero andata a trovare, che studiava a Coira era a lezione e perciò avevo qualche ora da passare sola. Ho girovagato un po' per questa meravigliosa e antichissima città, che pare essere la più antica della Svizzera e quando mi è venuta fame mi sono infilata in una osteria del nucleo. 

Non amo mangiare da sola ma la voglia di assaggiare i capuns era troppo forte. Nel mio tedesco che credevo inesistente sono riuscita a ordinarli e ad amarli dal primo boccone. I capuns sono degli involtini di foglie di bietola ripieni di un impasto di uova, farina, cipolla, erbette, salumi grigionesi e formaggio, serviti in un brodo di acqua e latte.

Tegole e Calanda da una finestra sui tetti
Panchina arcobaleno di un paesino vicino a Coira
Qualche mese dopo, in Val Calanca, affascinante e selvaggia valle che però non è terra di capuns, Ruth che cucina in modo sapiente, intelligente e meraviglioso mi ha insegnato a cucinare la versione veloce dei capuns. Senza creare il fagottino, le bietole vengono cotte nel brodo e nel latte tagliate a pezzi e nello stesso liquido si cuoce l'impasto di farina e uova che, tagliato sul tagliere, viene fatto cadere direttamente in pentola, proprio come la mia bisnonna tedesca faceva con gli spätzle. 

Capuns veloci della Ruth
Calancasca in un giorno di pioggia

L'altro giorno al Labas ho visto un bel mazzo di bietole e non ho resistito. Sembra strano, magari sono io che non guardo bene, ma a Lugano faccio una fatica pazzesca a trovare le foglie di bietola (per i capuns si possono usare anche le coste). Perciò ho deciso di fare i capuns nella mia cucina di Via del Borgo. Ne ho fatta una versione emilianizzata con la salsiccia e i pezzetti di prosciutto crudo perché sarebbe stato impossibile o quanto meno poco sensato procurarmi la carne secca dei grigioni, l'andutgel o la salsiz. 

Capuns grigionesi-emiliani

Ingredienti
250 g di farina
3 uova
1 dl di latte (o acqua)
erbette (basilico, rosmarino, erba cipollina, prezzemolo,...quello che avete)
sale
1 cipolla
avanzi di salumi o salsicce (carne secca, prosciutto, salsiccia,....)

foglie di bietola 
2 dl di latte
2 dl di brodo (di carne, vegetale, come volete voi)
olio evo (burro, grasso, dipende da voi)
formaggio 

Procedimento
Preparare l'impasto per la farcitura con la farina, le uova e il latte e il sale. Aggiungere le erbette e la cipolla e i salumi a dadini. Sbollentare in acqua salata le foglie di bietola a cui è stata rimossa la parte dura. Creare gli involtini usando una foglia grande per ogni capuns (se le foglie si rompono o sono piccole sovrapporle). Rosolare i capuns in padella con un po' d'olio (passaggio facoltativo) e disporli in una pirofila. 


Ricoprire con il brodo/latte bollente. Spolverizzare con del formaggio. Cuocere in forno a 200 grandi per almeno 15 minuti.

I miei capuns grigionesi-emiliani








Un po' bruttini, ma buonissimi!.
 Il giorno dopo con l'impasto avanzato ho farcito delle foglie di 
verza, di una verza gigantesca che non vuole finire. Ci ho già fatto un pentolone di zuppa, 8 capuns, e me ne rimane ancora una pallina in frigo. Io i capuns li preferisco con la bietola ma anche la verza può essere un involucro interessante.

Capuns di verza

Per la ricetta mi sono ispirata alle seguenti ricette, una di Alan Rosa di Piattoforte e l'altra trovata sul web:


http://www4.rsi.ch/piattoforte/index.cfm?scheda=22308

http://www.forum-helveticum.ch/logicio/pmws/forumhelveticum__rezeptrm__it.html

sabato 6 settembre 2014

Zuppa di cipolle d'estate

Dovevo scriverla prima o poi questa ricetta che dà nome al blog. E volevo farlo prima che iniziasse l'autunno, se no la zuppa smetteva di essere d'estate. 
L'ho cucinata ieri per darmi un po' di conforto, che ieri era uno di quei giorni, in cui mi sono messa a fare le tasse perché mi sembrava comunque più facile che iniziare il nuovo capitolo della tesina che sto scrivendo per l'università. 
Ci ho messo un po' di burro nella zuppa, anche se io il burro non lo uso nelle ricette salate, ma se lo ha detto mia mamma che è una di quelle che usa solo olio di oliva e ne usa pure poco, che la cipolla con il burro è la morte sua, ho pensato che potevo mettercene un po'.
Ho usato pure un po' di cognacmartell che non sono sicura ma credo che sia abbastanza prelibato, che la bottiglia se ne stava da anni nell'armadietto dei liquori e nessuno la beveva mai. E da quando ho questa passione per la zuppa di cipolle ad ogni stagione il cognacmartell è quasi finito. Che poi a Bologna volevo fare la zuppa di cipolle e non avevo il cognacmartell e non volevo comprarlo perché costava troppo. E allora ho pensato di andare al bar di via del Borgo e comprarne un cicchetto che spesso ci sono i cicchetti a un euro e un euro mi andava anche di spenderlo per la mia zuppa di cipolle. Solo che alla fine ho trovato un fondo del ratafià del mio babbo, che era sopravvissuto a quella notte in cui pioveva ed eravamo tanti amici in bicicletta sotto la tettoia della pasticceria in via delle Moline e lo abbiamo bevuto e tutti dicevano che era buonissimo. Be' quel fondo di ratafià sopravvissuto l'ho usato per sfumare la zuppa di cipolle e se non si ha il cognacmartell va bene uguale.



Zuppa di cipolle d'estate

Ingredienti
cipolle (tante, almeno un chilo)
burro
olio extravergine di oliva
zucchero
farina
cognac, o qualche altro alcolico liquoroso (ratafià, nocino, porto) ma anche il vino bianco va bene
sale
pepe
ev. pane anche vecchio e formaggio 

Procedimento
Sbucciare e tagliare sottilissime le cipolle. La mandolina aiuta molto.



Cuocerle in una pentola con un po' di olio e di burro per una decina di minuti fino a quando appassiscono. Se serve aggiungere un po' di acqua.


Mettere un cucchiaino di zucchero e cuocere ancora qualche minuto. Aggiungere la farina (2 o 3 cucchiai) e sfumare con il cognac. Quando l'alcol è sfumato ricoprire di acqua, salare e lasciare cuocere per una quarantina di minuti.

Per renderla ancora più appetitosa gratinare la zuppa, con delle fette di pane e formaggio, in forno. 



Pepare abbondantemente.



venerdì 29 agosto 2014

Dov'è la lingua di gatto? Muffin con cuore di marmellata

Un'altra ricetta di Angela della rubrica Dov'è la lingua di gatto?
Spero vivamente che li rifaccia anche a Bologna, perché non ne ho assaggiato neppure uno!



Muffin con cuore di marmellata
Piccoli muffin come le piccole tracce che ogni persona lascia dietro di sé. Che sia un atto volontario che sia un atto involontario. Avevo già scritto di muffin in precedenza (vedi Space Muffin), ora ripropongo la ricetta originale, con l'aggiunta di cacao in polvere e un cuore peccaminoso di marmellata di ciliegie.  

Quindi nulla di nuovo, cambiano le azioni finali. E naturalmente cambia l'aspetto. Ma ricordatevi che sono le piccole cose che fanno la differenza, sono proprio i piccoli dettagli che permetteono di scoprire i piú misteriosi delitti. INGREDIENTI: 170/180 gr di burro (tenuto fuori frigo almeno un'oretta cosi da essere morbido) 200 gr di zucchero 200 ml di latte 400 gr di farina 3 uova 1 bustina di lievito vanigliato (va bene anche non vanigliato) 1/2 cucchiaio di bicarbonato sale 2/3 cucchiai grandi di Cacao in polvere Marmellata/gocce di cioccolato PREPARAZIONE: Come consiglio quasi sempre, si comincia preriscaldando il forno a 180 gradi. Ora si prende il burro (deve essere assolutamente super morbido), si taglia rozzamente in pezzi, si aggiunge zucchero e uova, e si frulla il tutto finché non diventa omogeneo. Poi si aggiunge il latte e si frulla nuovamente. Attenzione agli schizzi mentre si frulla. In tal caso consiglio un bel grembiule, di quelli che metteva nonna.


Si aggiunge infine farina, bicarbonato, sale, lievito. Naturalmente se si vogliono fare muffin al cacao, questo è il momento giusto per aggiungerlo. Se si nota che l'impasto viene molto duro e denso, consiglio di aggiungere un goccino di latte (a occhio!!).
Se invece si vuol fare metà muffin al cioccolato e l'altra metà "nature", si divide il composto e ad uno si aggiunge il cacao. Adesso arriva la parte deliziosa e difficile da spiegare a parole. Come dicevo nell'altro post sui muffin, per riempire le formine di silicone va bene sia un cucchiaino sia una sacca à poche. In tal caso, per essere sincera, mi sono trovata molto bene con la sacca à poche. Poichè, per fare il cuore di marmellata, bisogna essere piú precisi. Importante: MAI RIEMPIRE FINO ALL'ORLO LE FORMINE.



Durante la cottura i muffin lievitano e se le formine sono troppo colme, l'impasto traborda.

Si mette quindi un poco di impasto nella formina in modo da lasciare una conca nel centro (con la sacca à poche questo è piú semplice). Mettere quindi mezzo cucchiaino scarso di marmellata. Quindi rimetterci sopra altro impasto cosí da coprire la marmellata. L'alternativa, come l'altra volta, sono le gocce di cioccolato. Naturalmente in tal caso non è necessario questo procedimento preciso. Si mette un poco di impasto. Qualche goccia di cioccolato. Altro impasto. E ancora qualche goccia di cioccolato. Cottura: 180 gradi, per circa 25/30 minuti



Buon divertimento!

sabato 26 luglio 2014

Che a me poi i bucati mi sono sempre piaciuti.




Che a me poi i bucati mi sono sempre piaciuti. Non so il perché. Quando i nostri vicini di casa in Svizzera stendono il bucato alla finestra io sono più contenta. In Svizzera non sono molti i bucati appesi alle finestre, non so, forse tutti hanno l’asciugatrice o una lavanderia.
Invece a Bologna d’estate stendiamo all’aperto. Lo fanno anche tutti i nostri dirimpettai. Che poi quando inizia a piovere tu vorresti ritirare anche i loro panni che se no si bagnano ma non ci arrivi mica. E anche quando stendendo in balcone mi cade una calza o una molletta non so che cosa fare, che non posso andare sempre ad annoiare quelli del piano di sotto per una calza, che se poi mi cade un vestito a cui tengo moltissimo davvero magari non ho più il coraggio di farmelo ridare. Ma tanto io le calze le metto comunque spaiate, che mi sembra uno spreco se sono belle metterle uguali, a volte però sono solo pigra che ad appaiare i calzini io mi annoio moltissimo. Sia chiaro non giudico chi appaia i calzini, però quelli che stirano un po' si li giudico, è che io non riesco realmente a capirli. Che certi dicono io non stiro ma stendo bene bene e poi i vestiti li piegano davvero bene bene, io non faccio neanche quello. Che i miei amici a volte guardando il mio armadio sono increduli, sono davvero stupiti, non riescono a credere ai miei vestiti appallottolati. Che poi non è che se sono spiegazzati sono più brutti. Certo che preferirei trovarli tutti in ordine alla mattina quando apro l’armadio. Però mi scoccia di più piegarli di quanto piace trovarli in ordine. Dunque non li piego. Quasi mai. Tranne quando sto ascoltando la musica che ascoltarla da ferma non mi piace e allora posso correre, camminare o piegare i vestiti, e volendo anche appaiare i calzini che anche se sono diversi li puoi appaiare lo stesso.
Del bucato mi piace il profumo di pulito, che poi certo che lo so che è il profumo di detersivo. E che non è che se una cosa se sa di detersivo allora vuole dire che è pulita. A dire il vero è l'ammorbidente che dà il profumo, mica il detersivo, che poi l'ammorbidente nessuno lo usa per ammorbidire ma solo per profumare e allora penso che potevano chiamarlo direttamente profumatore. 
Poi il bucato mi piace perché è in assoluto la mia seconda faccenda domestica preferita. Si fa veloce e sembra di avere fatto moltissimo. Che poi io non separo neanche i colori. E non faccio neanche molto caso alla temperatura, cerco di lavare il più possibile a trenta gradi, per questioni ecologiche non per altro. Ogni tanto quando sono particolarmente in vena faccio partire una macchina a sessanta grandi con asciugamani, lenzuola e biancheria, che sarebbero le mutande, le canottiere no che non le uso. Mia mamma però me lo ha spiegato come si dovrebbe fare: a trenta gradi lana e delicati, a sessanta lenzuola, asciugamani e biancheria che sarebbero le mutande ma anche le calze e a quaranta tutto il resto. Le cose che vanno lavate a mano non le prende in considerazione nemmeno mia mamma. Poi di norma io non compro vestiti troppo delicati da dover ricevere un trattamento speciale. E nel caso li tratterei esattamente come gli altri. Però se ho lo smacchiatore e mi ricordo di essermi macchiata può capitare che smacchio altrimenti amen.
Però il bucato mi piace soprattutto guardarlo, che quando vado in un posto io non fotografo i paesaggi o i monumenti, ma fotografo i bucati. Ho decine di foto di bucati messicani, guatemaltechi, scozzesi, irlandesi, francesi, italiani, svizzeri, spagnoli, bosniaci, croati, montenegrini e greci che poi è la lista di tutti i posti dove sono stata. Tranne il Belize che ho attraversato su di un autobus sgangherato, ma se non tocchi la terra con i piedi non vale. E poi lì non ho visto bucati lungo la strada.
E se faccio un disegno e io disegno raramente stai sicuro che sto disegnando panni stesi oltre che un qualche scheletro. Ma questa faccenda degli scheletri è un'altra storia. 
Che poi mi piacciono così tanto che ho teso un filo in camera mia in cui a volte stendo. Una volta ho fatto una ghirlanda di mutande e calzini. Solo che se apro troppo la finestra il filo cade e mi ritrovo tutti i panni umidi sul pavimento.

Scheletri e bucati

Ghirlanda di mutande e calzini.
Île d'Ouessant (Bretagna)

Spello (Umbria)



Kotor (Montenegro)
Kotor (Montenegro)
Sarajevo (Bosnia)
Dubrovnik (Croazia)